Poesias dal libro “Ragioni per la redenzione del zaffiro”,
libro inédito
Traduzione italiana curata da Alessandro Prusso


Aura

La scaglio su di te come una sottile ala di trasparenti piume rese azzurre nella conchiglia che adesso ti circonda, proprio ora, come uno sfregarsi di bambole in una spirale.

Il volto della pelle si assomiglia a Dio, il cui volto mi è sconosciuto: mentre mi guardi così, devo ricevere nell’organo meno vitale la pallottola vagante del suo amore.

Allora quando s’ acquieti la vita di dentro, ed esca fuori di te, quando ti sia marcita la rosa dalla lenta fioritura che ti è germinata ormai da più di venti anni ed ondeggino le bandiere dell’ultimo furore, che cosa sarà del mio sentiero d’erbacce?, che cosa della conchiglia dove mi depose la tua mano? Che cosa del velo di tulle impalpabile che ti lancio proprio adesso?

E quale somiglianza allo sconosciuto volto di Dio troverò in tua assenza, quando veda le nostre bambole separate da una rosa dal gambo scuro e dai petali verdi?




Posizione fetale

Le dita del fuoco tagliano le sue proprie radici appena che escano, simili a me nel mio sogno: le acque tranquille confinanti con il fuoco, dove navigano le immagini, si sono evaporate.

Quale cordone ombelicale perduto nelle fondamenta della casa anteriore alla magia può aver sottratto del calore al sogno? Quale dio del ricordo ho invocato nella tregua dell’insonnia? ( Non ricordo il suo contenuto che si sparge sulla vigilia, non corressi le sue impronte, non vidi il suo sorriso materno).

Ebbi un corpo sotterraneo. Non era ancorato il vascello degli adii.


Tre gigli neri

Delle mie due mani ce n’è una più sconfitta dell’altra, più solcata da linee incomprensibili. Agita il suo velo nel rischioso litorale del destino, come un fazzoletto bianco che ha le tue iniziali.: le tue due lettere del tuo nome.

Tre gigli d’antracite che nel travaso della tua palma alla mia, si convertono in una ciliegia ornamentale, granata, nido con tre uova color magenta.

Il dio della tempesta ci guarda da l’ altezza di un raggio.


Uovo

Gli altri vedono la buccia nera.

Criticano il posto dove dormo in posizione fetale, senza intendere che l’acuta voce è semplicemente muta. Voce sì, diaspora di parole per un udito speciale, sì, non di mediocrità, non il lui di quelle, se non colui che riceve la visita del segreto.

Persino il muto ha voce. Ci manca solo di essere vicino a Dio per sentirla.


La Signora del Gran Luogo di Sotto

La Signora del gran luogo di sotto, si mostra per una delle sette porte dove uno deve spogliarsi di un vestito e passare la soglia.

Io già ero nuda prima di affrontare la prima prova d’iniziazione. Gli uccelli dal bruno piumaggio mi circondano: vedo in anticipo il loro volo in picchiata.

Il mio calamaio non mi è di grande aiuto: nulla di quello che sono alla luce del sole ha potere sull’ombra.


La luna sputa dopo la tormenta

Lo sputo, proveniente da un’alga gelatinosa chiamata nostoc, è cercato dagli alchimisti sulla costa dopo una tormenta e sia la luna che me lo sputi dentro.

Oh saliva disciolta nel fosso dove sempre cado, il fosso costituito dalle minime cavità del mio corpo che si associano in un solo abisso cilindrico.

Dov’è la mia costa? Quale mulinello del mio sangue deve creare la tempesta nel suo pugno strappato? Nella riva di quale organo l’astro della mezzanotte mi vedrà inchinarmi sul canto abituato a raccogliere le vestigia dell’ira del cielo: sì proprio quelle sparse, nel litorale?

Immagino al mio dio interiore, privato della luce a causa dell’oscurità che il periplo nella mia interiorità mi ha forzato a penetrare. Lo immagino trasformarmi nell’esploratrice del luogo da cui lui proviene.


Acqua lustrale

Cerco che Dio si guardi allo specchio che alzo all’altezza della bocca. Lo specchio di me, velenoso e torbido.

Che si renda trasparente. Che in me si sparga.

Quella luna, dall’apparenza liquida, che per distillazione del fuoco segreto, è acqua che non bagna.


Incenso di eufrasia

La pianta, disse il botanico, appartiene alla famiglia delle scrofulariacee.

La poeta obbiettò la bruttezza del termine e la chiamò con il suo nome scientifico: Eufrasia officinalis.

Ah, quei fiori bianchi, solcando come cigni l’argento di un lago all’alba.

Guardino i suoi raggi porpora e la macchia gialla a forma d’occhio.

Il mago rispose alla poeta che la bruciasse nella sua stanza da letto. Le

assicurò che l’incenso, all’invadere l’alcova, le avrebbe dato il potere di far reali i suoi sogni.

Lei non volle dormire, timorosa di ciò che avrebbe potuto nascere sotto i vaporosi veli della scarpa di Venere.

Si addormentò, pensando che le sue nemiche le portassero, in segno di pace, un ramo d’ Eufrasia.


Bianchi ed intoccabili.

Una corda serpeggiante ed invisibile, fatta di qualcosa simile alla luce, ci fa da confine. Ed io non sono delle intoccabili.

La mia pelle ha la caratteristica d’esser soffice e incita allo strofinio, al contatto brutale delle tue mani.

Come sono da dentro i tuoi intoccabili?

Voglio decifrare il segreto della tua invulnerabile carne di fiore velenoso. Sto qui in un bosco oscuro, senza fine. Come sollevano l’agnello all’altezza della sua fronte? Quale dialisi operano nel loro sangue contaminato per schivare così lo strofinarsi del tuoi occhi?


Cuore di Saturno

Lo lessi in un libro di magia: “cuore di saturno”. Non ricordo se appartiene al lapidario di Alfonso X, il saggio, o alle erbe divine di Santa Hildegarda di Bingen, o all’alchimia degli adepti. O se lo chiamano così quelli che guardano al cielo come se osservassero le diverse specie di uccelli all’aria libera.

Come sarà la bomba di piombo dove l’oro si distrugge? Freddo e metallico come i quattro esemplari che mi mise in mano il destino, in anni recenti? Non dico i nomi, però ognuno portava scritto nei ventricoli il soprannome del suo portatore.

Penso alla credenza medievale (lo lessi nel mio libro di Scienze Occulte)

secondo la quale, le streghe non possono piangere perché carenti di lacrime.


Atto di morte

Tu dici che ho bisogno di un morto. C’è qualcosa nella vita di così doloroso come aver bisogno di un morto?

La creta ha coperto la sua bocca che era solita sorridermi, ha immobilizzato le sue mani che erano solite toccarmi. Hai visto quanto pesa la lapide? Quanto pesa il blocco di marmo che impedisce che si alzi e mi dica che ancora mi ama? Con quale trucco di magia pensi resuscitarlo? Come vuoi rendere integro il suo cadavere redivivo in un letto che da tempo se ne andò come veliero, trascinato dalla inevitabile marea crescente?


Mi dichiaro maga

Lui già non mi parla: la sua memoria ha steso un litorale dove mi vede che mi allontano. Però in me la magia riattiva i suoi filtri. Torna a dire i mantra. Mi entrano e mi escono gli effetti narcotici del fiore afrodisiaco. Dove solo il desiderio mi fabbrica un corpo ed un cuore.

Ah, che l’uomo di allora mi spogli lentamente in un’ alcova sospesa come i giardini pensili di Babilonia ad una decina di metri sopra il tetto.


Fiore di Adone

Per l’angelo che governa sugli uccelli ed i boschi, chiedo d’esser trasformata in un anemone dalla tonalità rosso porpora. Il sèpalo fisserebbe, pensando ad una tinta madre, il ricordo della tua mano fugace.

Già non posso scrivere i veli passati per la mia mano inesperta. Solo mi resta la parola come uccello di dentro, parola tesa per le sentinelle della gola: non sanno nulla di Venere: lei ha trasformato Adone in un fiore di vento.


Somiglianze anatomiche

Quante creature nate morte dopo la ovariotomìa d’emergenza che io stessa mi sono praticata, vennero alla luce in giorni funesti? Quanto dura il tempo d’attesa tra il pensiero ed il parto che si da attraverso la bocca?

Vorrei scrivere versi seducenti e belli: dire, per esempio, :”il cigno bianco sfila come vela sullo specchio del lago”, oppure “le spighe del grano titillano nella luce del tramonto”. Però terminai parlando di uteri e di liquido amniotico.


L’uso della parola “amore”

L’uso della parola “amore” mi rivela.

Ho l’occhio fisso nelle spalle di Cristo. Al seguirlo, mi trattiene l’usciere della negazione (lavora al soldo dei padroni della Terra) e mi chiede di rispondere all’enigma sull’uso della parola “amore”.

Come sempre me ne sto muta, non rispondo, è inutile il dire. Continuo il mio cammino senza fargli caso, cercando di non perdere di vista la spalla di Cristo. Lui non si volta però ha la colonna vertebrale costellata d’ occhi, come se ogni sua vertebra (che lunga che è la spina dorsale!) fosse un occhio dalle mille pupille, e so che mi sta guardando e approva la museruola che io stessa mi sono messa.


Ragioni per la redenzione del zaffiro

Un libro si chiude come la morte chiude i giorni.

Non volli terminare con una menzione sui diversi tipi di veleno. Non volli dilatarmi sul silenzio (i rabbini dicono che il quinto strato dell’inferno porta il nome di silenzio; il mio non è così è una regione di luce).

Voglio terminare parlando del mio labirinto, lui che mi protegge la tenera carne delle dita dalla puntura del fuso immerso nella pozione magica.

Il mio balcone non annuncia il pericolo della caduta, ma quello contrario

dell’ascensione.

Ho un mulino a vento al mio lato (nella divinazione simbolizza la soluzione di un problema). Ho un legno ma non di croce, se non di tralci di vigne che si intrecciano.

L’anima è nascosta nel pomo d’Adamo.

Cristo qualche volta si interessi alla mia voce.

Notte di nozze

(traduzione di Franca Alaimo)


Questa notte di nozze che non erano nozze ma una bara grande come un letto matrimoniale per due amanti già folli, ti accadde nella luce di un plenilunio. Dopo arrivò l’onda verde, l’onda d’alta marea che strappò il feretro dal baldacchino rivestito internamente di seta bianca. Prima di vederlo disparire nella bocca illuminata del movimento ondoso, dal labbro tagliente di spuma, scorgesti lo sguardo dell’uomo: guardare chi avevi appena sposato dirti addio a settentrione del sorriso di tre ombre azzurrate che ti

nacque sul volto, sotto le setole di una pennellata invisibile, guardare senza mai sapere se era amore o impeto crescentea portarselo via per affogarlo nel flusso buio.

Il sovrappiù, tu lo posasti nelle tue branchie, è sacca che respira e sembra una graffiatura nell’argento iridato del tuo corpo.


Agguato

Il mio cuore sul tavolo

come un unico tulipano sul portafiori.

Le pene sedute tutt'attorno,

pazienti, con il loro grembiule da macellaio

macchiato di sangue.

Alzano la loro forchetta con un triste sorriso

(si disegna sulle labbra)

mentre si apprestano a dargli

l'ultimo morso.




Imbrunito

Imbrunito

dalla luce delle mie lacrime

mirabilia, miosotis,

il legname dei ricordi

è l'impalcatura di noi stessi,

Dio supino sul nostro letto.

Non c'è altro Dio che L'Occulto

e il suo inviato è nel Mondo.13


13 Citazione da “El Sueño de Úrsula” (Seix Barral-Biblioteca breve, Barcellona. 1999), di Maria Negroni.






A che porta bussava

A che porta bussava quello lì,

a che timpano di legno

per captare così i rumori dell'acova?

Pianteremo pallottole,

per vedere se germinano e fioriscono fiori malva

tra il tuo udito e il mio.





Dolci ricordi dell'infanzia

Mamma:

ancora ti vedo passare per il cielo

montando la tua scopa,

i tuoi lunghi capelli d'argento

come la coda di una cometa

tra le nubi.

Ecco lo sposo,

con i suoi capelli arricciati

e la sua barba nera

che all'improvviso, sì,

mi guarda

come guardavi tu.


Lenzuolo freddo

Siamo allacciati

alle bitte del letto,

non con i cordami spugnosi

del porto dove mai ci siamo ancorati,

non con gli altri artefatti

da legare o da stringere strettamente,

ma con i lucchetti.

Il lenzuolo, una neve appena caduta.




Nè un centimetro di più

Né un centimetro di più.

Né un distanziamento.

dell'ago tra le due mani.

(una verso destra e l'altra verso sinistra)

Né una goccia d'acqua in più

in equilibrio sull'agave,

né un tremore come da terremoto

nella nave del vento:

si romperebbe la corda per sempre,

dovrei fare dell'altro con il cordame.

(come ogni naufrago degno di questo nome, trovo una utilità a tutte le cose perdute, un giorno cercherò di fare una lista delle cose che non ho utilizzato e, come esercizio,trovarle una utilità.15)

Né un pollice marino in più:

vicino è già troppo lontano.

15 Citazione da “En medio de ninguna parte” (Random House Mondadori, Barcelona, 2003), de J.M. Coetzee